Menu
X

Risultati per: diritto di ripensamento

Il diritto di ripensamento negli acquisti online

DOMANDA: Ho comprato una giacca online, sul sito di una sartoria, ma quando il corriere me l’ha consegnata a casa, provandola mi sono resa conto che il tessuto non era di buona qualità e non era fatta bene. Ho chiamato il venditore, ma al telefono mi hanno risposto che sul sito era specificata con esattezza tanto la tipologia di tessuto che le esatte misure del prodotto, e quindi non era possibile procedere con la restituzione dei soldi pagati, ma semmai solo con l’emissione di un voucher di importo pari all’acquisto, per avere un altro dei loro prodotti. E che, inoltre, avrei dovuto rispedire la giacca a mie spese. Non mi sembra giusto. Cosa posso fare?

COSA DICE LA LEGGE: Se lei ha ricevuto il pacco contenente la giacca a cui fa riferimento da non più di 14 giorni, può esercitare il diritto di ripensamento, al fine di restituire il bene acquistato e ottenere il rimborso di quanto pagato.

Il diritto di ripensamento, infatti, consente al consumatore che acquisti un bene o un prodotto fuori dai locali commerciali del venditore, di “cambiare idea” nel termine di 14 giorni dalla materiale consegna. In questo senso, peraltro, la legge stabilisce che non sia nemmeno necessario fornire al venditore una motivazione delle ragioni per cui si intende procedere alla resa del bene.

Per consumatore si intende la persona fisica che effettua un acquisto non per scopi commerciali, e quindi a titolo personale. Non godono, pertanto, di questo beneficio di legge ditte individuali e società.

Con il termine “locali commerciali” invece, ci si riferisce al negozio del venditore. Per poter esercitare il diritto di ripensamento, quindi, è necessario che il compratore non abbia avuto un contatto diretto – fisico, si potrebbe dire – con il prodotto acquistato. Conseguentemente, il diritto di ripensamento può esercitarsi non solo con riferimento agli acquisti su internet, ma anche, ad esempio, per tutto quanto attiene a qualunque contratto formulato, sottoscritto o comunque accettato tramite rappresentanti e venditori porta a porta, o a mezzo telefono.

Il venditore è tenuto ad informare espressamente ed esplicitamente l’acquirente a distanza dell’esistenza del diritto di ripensamento nel termine di 14 giorni. Se questa informativa espressa manca, il diritto di ripensamento viene automaticamente prolungato, per legge, ad un anno e 14 giorni.

Se tempestivamente esercitato, il diritto di ripensamento consente al compratore/consumatore di ottenere il rimborso del prezzo di acquisto e delle originarie spese di spedizione del pacco, ma non le spese postali di restituzione del bene, che rimangono a carico dell’acquirente.

Desideri approfondire questo argomento o richiedere una consulenza? Clicca sul nome dell’autore che trovi sopra il titolo.

Si può obbligare un genitore a rispettare il diritto di visita?

DOMANDA: Sono separata e ho un figlio. Quando ci siamo separati in Tribunale io e il mio ex marito abbiamo deciso di comune accordo che mio figlio minorenne rimanesse a vivere con me, e che stesse con il padre a fine settimana alternati, oltre a poter esercitare liberamente il diritto di visita. Nel primo periodo è andata bene, nel senso che il padre oltre ai fine settimana alternatati, veniva, un giorno si ed uno no, a trovare il bambino. Ora, però ha trovato una nuova compagna, e non viene più a trovarlo, limitandosi al “compitino” di venire quando è proprio obbligato. Mio figlio ci resta male, e non nego che anch’io ho bisogno della mia libertà. Cosa posso fare?

COSA DICE LA LEGGE: Purtroppo non è possibile fare nulla per “obbligare” il padre del bambino ad esercitare il diritto di visita al figlio. Lo dice una recentissima sentenza della Corte di Cassazione Civile (la n. 23381 del 18 marzo 2020), la quale evidenzia che il diritto/dovere di visita al figlio minore da parte del genitore non collocatario non è suscettibile di coercizione con quelli che sono, normalmente, gli strumenti messi a disposizione dal Codice di Procedura Civile (in particolare l’art. 614 bis, Cod. Proc. Civ.) per imporre alle parti di rispettare il contenuto dei cosiddetti “obblighi di fare” previsti da provvedimenti giudiziali.

Quello di visita, infatti, è un diritto che, secondo la Suprema Corte, è destinato a rimanere libero e conseguenza di autonome scelte.

Diverso, invece, sarebbe il caso in cui il genitore non collocatario si rifiutasse di tenere con sé il minore nei giorni in cui ciò è previsto dall’accordo di separazione, poiché in tal caso sarebbe possibile agire in giudizio, come viene meglio spiegato qui.

Desideri approfondire questo argomento o richiedere una consulenza? Clicca sul nome dell’autore che trovi sopra il titolo.

Embedding e violazione del diritto d’autore

DOMANDA: È possibile incorporare nel proprio sito web un video originariamente inserito in un diverso sito? Oppure ciò costituisce una violazione del diritto d’autore?

COSA DICE LA LEGGE: No, in linea generale tale pratica, altresì nota come “embedding”, non costituisce violazione del diritto d’autore. (altro…)

Tutela legale della fotografia e del fotografo

DOMANDA: Che tipo di tutela accorda la legge alla fotografia e, di conseguenza, al fotografo che l’ha scattata?

COSA DICE LA LEGGE: La Legge sul Diritto d’Autore (L. n. 633/1941) distingue tra “semplici fotografie” ed “opere fotografiche”. (altro…)

Diritto della moglie all’assegno per il figlio maggiorenne

DOMANDA: Sono separato da mia moglie, e il Giudice mi ha imposto il pagamento di un assegno mensile di mantenimento in favore di mio figlio, all’epoca minorenne. Oggi è maggiorenne e vive in un’altra città dove studia e dove ha trasferito la propria residenza. (altro…)

Il diritto alla privacy vale anche per le e-mail aziendali

DOMANDA: Ho il sospetto concreto che il mio datore di lavoro controlli la casella di posta elettronica aziendale che utilizzo per il mio lavoro. Ho infatti visto in qualche occasione che alcuni messaggi risultavano già letti anche se non li avevo ancora aperti. Siccome a volte mi capita di ricevere e-mail per mie questioni private, volevo capire se il titolare ha il diritto di fare questo tipo di controllo.

COSA DICE LA LEGGE: Al suo datore di lavoro è fatto espresso divieto di violare la segretezza della sua corrispondenza. Anche di quella tramite e-mail a mezzo posta elettronica aziendale. Il potere di sorveglianza dell’azienda, infatti, non può spingersi oltre il limite rappresentato dal diritto alla privacy del singolo individuo.

E’ quanto sancito dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) con una sentenza del 5 settembre 2017 (Barbulescu contro Romania), la quale ha però evidenziato, altresì, come la violazione dell’art. 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo in materia di diritto al rispetto della vita privata e familiare si sia verificata in forza di una precisa circostanza. Ovvero il fatto che il datore di lavoro non aveva preventivamente comunicato al proprio dipendente che avrebbe effettuato degli accessi alla casella di posta elettronica aziendale di quest’ultimo, al fine di esercitare il proprio potere di controllo.

Se lo avesse fatto, non gli sarebbe stata contestata la liceità del comportamento in parola.

La Corte, tuttavia, chiarisce anche che queste forme di controllo non possono comunque superare i principi di finalità, trasparenza, legittimità, proporzionalità, precisione, sicurezza e personale consapevolezza, e devono, conseguentemente, limitati nella misura dello stretto necessario. Poiché, diversamente ragionando, il rischio sarebbe quello di trasfigurare il comportamento suddetto in un vero e proprio divieto di esercizio della vita sociale sul luogo di lavoro.

Il principio cardine di cui è informata la fattispecie in esame, pertanto, è quello dell’equo bilanciamento tra la privacy del lavoratore e gli interessi aziendali.

Desideri approfondire questo argomento o richiedere una consulenza? Clicca sul nome dell’autore che trovi sopra il titolo.

Annullamento della vacanza e diritto al rimborso

DOMANDA: Io e mia moglie abbiamo acquistato da un’agenzia viaggi un pacchetto turistico per un viaggio all’estero. Dovevamo partire la prossima settimana. A causa dell’epidemia di coronavirus, però, ci hanno appena comunicato che lo Stato dove dovevamo andare ha chiuso le frontiere agli italiani. Avevo già versato la caparra. L’agenzia viaggi mi ha detto che non è colpa loro, e che se vogliono possono al massimo darmi un buono da spendere in un altro viaggio, oppure rimandare quello che avevamo già prenotato. Io però voglio indietro i miei soldi. Ho diritto ad avere il rimborso?

COSA DICE LA LEGGE: Lei ha diritto ad ottenere il rimborso di quanto pagato a titolo di caparra o comunque anticipo sul prezzo complessivo concordato in ogni caso, con la sola ed unica esclusione dell’ipotesi in cui l’agenzia viaggi si sia comportata da Vostra mera rappresentante presso il tour operator, perché in tale circostanza sarebbe quest’ultimo a risponderne. Andrebbe, quindi, esaminato il contratto da Lei stipulato.

In linea generale, comunque, l’agenzia viaggi è sempre responsabile, nei confronti del viaggiatore, per inadempimenti dello stesso tour operator in forza dell’art. 14 D.Lg n. 111/1995 , che chiama a rispondere del mancato o inesatto adempimento sia l’organizzatore/tour operator che il venditore/agenzia.

L’agenzia viaggi, in questo caso, non potrà trattenere neppure le cosiddette spese di istruttoria. Infatti, La restituzione dell’intero prezzo pagato prescinde dalla distinzione tra la quota versata per il pacchetto turistico tout court e quella da imputare alle attività di gestione della pratica, posto che anche queste rientrano fra le prestazioni dovute dall’organizzatore, per consentire la realizzazione della causa contrattuale, ovvero il godimento della vacanza. Pertanto, nel caso in cui, nel luogo di destinazione o nelle sue immediate vicinanze, si verifichino circostanze inevitabili e straordinarie, che incidono sostanzialmente sull’esecuzione del pacchetto, il turista ha diritto di recedere dal contratto, senza che il professionista possa trattenere alcuna delle somme versate, al momento della prenotazione, comprese quelle corrisposte per la stipula dell’assicurazione di viaggio (Consiglio di Stato, Sez. VI, 01/10/2019, n. 6566).

A completamento, va detto che il D.L. n. 9 del 02/03/2020 stabilisce, in maniera del tutto generica, forme di rimborso per coloro che non hanno potuto usufruire di viaggi e pacchetti turistici a causa di misure di contenimento alla diffusione del coronavirus approntate in Italia o all’estero. Tuttavia, proprio la lacunosità dell’indicazione di legge fa ritenere, al momento e in attesa di chiarimenti sul punto, tuttora applicabile la normativa generale succitata.

Desideri approfondire questo argomento o richiedere una consulenza? Clicca sul nome dell’autore che trovi sopra il titolo.

Il creditore ha diritto ad interessi e spese di messa in mora

DOMANDA: Sono un’azienda terzista e spesso i miei clienti ritardano il pagamento delle fatture. Però quando scrivo per metterli in mora, al massimo se mi va bene mi pagano la sola fattura, senza interessi e senza rimborso delle spese, nemmeno quelle dell’avvocato, così alla fine chi ci perde sono sempre io. Sono stufo di questa situazione, ma non so cosa fare.

COSA DICE LA LEGGE: Lei ha diritto a ricevere dai suoi debitori non solo il pagamento del conto capitale di cui alle fatture, ma anche gli interessi di mora e il rimborso delle spese di recupero del credito, seppure entro certi limiti.

In ambito di transazioni commerciali, l’intera materia è regolata, oltre che dalle generali norme del codice civile, dal Decreto Legislativo n. 231/2002.

L’art. 4 stabilisce che gli interessi moratori sul capitale decorrano, senza che sia necessaria la costituzione in mora, dal giorno successivo alla scadenza del termine per il pagamento. Gli interessi moratori – il tasso viene fissato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze e viene pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale nel quinto giorno lavorativo di ciascun semestre solare – sono ampiamente superiori a quelli legali, e si applicano allorquando i due soggetti del contratto siano entrambi imprenditori.

L’art. 6 si occupa, invece, delle spese di recupero. Il legislatore, infatti, stabilisce che il creditore ha diritto anche al rimborso dei seguenti costi sostenuti per il recupero delle somme non tempestivamente corrisposte: senza che sia necessaria la costituzione in mora, ha diritto ad un importo forfettario di € 40,00 a titolo di risarcimento del danno, fatta comunque salva la prova del maggior danno, il quale potrà comprendere anche i costi di assistenza legale. In buona sostanza, se il legale al quale, eventualmente dovesse decidere di rivolgersi per la redazione ed invio di una lettera di messa in mora, le emetterà regolare fattura per la prestazione resa nel suo interesse, lei potrà richiederne il rimborso al suo debitore.

Desideri approfondire questo argomento o richiedere una consulenza? Clicca sul nome dell’autore che trovi sopra il titolo.

Diritto di abitazione del coniuge superstite

DOMANDA: Mio marito è deceduto da poco, senza lasciare testamento. La casa in cui abbiamo sempre vissuto era interamente intestata a lui. Poiché egli possedeva alcuni altri immobili, i nostri figli hanno deciso di instaurare, avanti il Tribunale, un giudizio di divisione ereditaria, per ottenere l’assegnazione, in via esclusiva, dei vari immobili costituenti l’eredità. (altro…)

Il diritto di accesso agli atti della Pubblica Amministrazione

DOMANDA: Il mio ex marito non mi paga l’assegno di mantenimento mensile. Dice di essere disoccupato, invece, da informazioni che ho ricevuto, sembrerebbe che lavori. Conosco più o meno la zona dove si trova il luogo di lavoro, ma non conosco esattamente il nome dell’azienda. Cosa posso fare?

COSA DICE LA LEGGE: Considerando che lei conosce grossomodo l’area geografica dove lavora il suo ex marito, il consiglio è quello di chiedere informazioni sul posto di lavoro di quest’ultimo presso il Centro per l’Impiego (CPI) competente territorialmente.

Lei potrà, infatti, esercitare i diritti in materia di accesso agli atti della Pubblica Amministrazione garantiti dalla Legge 241/1990. L’art. 22, in particolare, consente a tutti i soggetti privati che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso – in questo caso la certificazione del luogo di lavoro –, di formulare opportuna istanza al fine di ottenere l’informativa richiesta.

La Pubblica Amministrazione ha trenta giorni di tempo dal ricevimento della domanda per dare risposta. In caso di mancato riscontro entro il trentesimo giorno, oppure di diniego di accesso, a partire dal trentunesimo lei potrà depositare un ricorso presso l’apposita Commissione istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, impugnando così il silenzio/rifiuto. Ovviamente a quel punto sarà quest’ultimo organo a decidere della fondatezza o meno della sua domanda.

Nel caso di specie, pare indubbio che lei, essendo portatrice di un interesse diretto e concreto, quello di ricevere il saldo del suo credito di natura alimentare, dovrà ricevere le informazioni richieste.

Quanto alle modalità di proposizione della relativa istanza, il consiglio è quello di rivolgersi ad un legale per la predisposizione della documentazione necessaria.

Desideri approfondire questo argomento o richiedere una consulenza? Clicca sul nome dell’autore che trovi sopra il titolo.

© Copyright 2017 Cosa dice la Legge. Tutti i diritti sono riservati. P.IVA 03595790274