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Offese su WhatsApp tra ingiuria e diffamazione

DOMANDA: Qualche giorno fa ho avuto una discussione molto accesa con un amico in un gruppo di WhatsApp al quale partecipano molte persone. Sono volate parole grosse e molto pesanti, e ritengo di essere stato offeso pesantemente nella mia dignità, sotto gli occhi di tutti. La cosa mi ha causato molto disagio. Posso denunciare questa persona?

COSA DICE LA LEGGE: Nel caso descritto, indipendentemente dalla lesività delle parole profferite al suo indirizzo da questa persona, lei purtroppo non potrà agire penalmente per il reato di diffamazione. Potrà, tutt’al più tentare, con l’ausilio di un avvocato, un’azione di natura civilistica volta ad ottenere un risarcimento economico per il danno subito.

Occorre anzitutto effettuare una precisazione, che attiene alla differenza tra diffamazione ed ingiuria. La prima è quella che viene perpetrata mediante comunicazione con altri soggetti, in assenza del soggetto diffamato. L’ingiuria, invece, si verifica allorquando le offese vengono rivolte direttamente al destinatario, alla presenza di quest’ultimo. La diffamazione è un reato penale. L’ingiuria non più, essendo stata depenalizzata da alcuni anni. Il discorso vale, a maggior ragione, anche nell’ambito di sistemi di comunicazione che possono coinvolgere, contemporaneamente, più soggetti, quali ad esempio WhatsApp, Telegram, Facebook, Skype, ecc…

In buona sostanza, lei avrebbe potuto agire in sede penale, mediante querela, solo qualora nel momento in cui erano state inviate le frasi offensive al suo indirizzo, lei non fosse stato presente ed attivo in chat, magari venendone a conoscenza solo a distanza di ore. Ma non pare questo il caso proposto.

Sul punto è intervenuta anche una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 10905 del 31 marzo 2020, che ha definitivamente chiarito alcuni dubbi sul punto.

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