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Impugnazione del licenziamento di lavoratore dipendente

DOMANDA: Quali sono i termini ed i modi per impugnare il licenziamento di un lavoratore subordinato?

COSA DICE LA LEGGE: Innanzitutto, il datore di lavoro deve intimare il licenziamento in forma scritta, a pena di inefficacia (art. 2, Legge n. 604/1966).

Il lavoratore, qualora riceva un licenziamento in forma scritta, può impugnarlo entro 60 giorni dalla ricezione della sua comunicazione, oppure dalla comunicazione dei motivi, allorquando questi non siano stati resi noti contestualmente alla notizia del licenziamento stesso.

L’impugnazione può avvenire con qualsiasi atto scritto, anche stragiudiziale (ad es. lettera raccomandata A.R. o Pec), idoneo a rendere nota la volontà del lavoratore.

In caso di impugnazione con atto stragiudiziale, il lavoratore, entro 270 giorni da questa, deve, altresì, depositare un ricorso presso la Cancelleria del Tribunale Civile – Sezione Lavoro, oppure comunicare al datore di lavoro la richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato.

Queste ultime due ipotesi costituiscono un’ulteriore possibilità, fornita dall’ordinamento, per risolvere la controversia al di fuori delle aule dei Tribunali, con tempi e costi ridotti. Tuttavia, il ricorso a tali strumenti non è obbligatorio e la loro attivazione è, dunque, rimessa alla volontà delle parti.

Qualora la conciliazione o l’arbitrato richiesti siano rifiutati o non sia raggiunto l’accordo necessario al relativo espletamento, il ricorso al Giudice del Lavoro deve essere depositato entro 60 giorni dal rifiuto o dal mancato accordo.

Da questo momento, inizierà il procedimento civile, nella forma del rito del lavoro, che è più breve e snello rispetto al rito ordinario, al termine della quale il Giudice del Lavoro si pronuncerà sulla illegittimità o meno del licenziamento ed, eventualmente, adotterà i provvedimenti necessari a reintegrare il lavoratore nel proprio posto di lavoro e/o a condannare il datore di lavoro a risarcire il danno cagionato.

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