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Tags Archives: locazione

4 anni ago Contratti

L’accordo di gestione di reparto tra appalto e locazione

DOMANDA: Ho dato in locazione un negozio ad un imprenditore, che ha aperto un piccolo supermercato. Al suo interno ha affidato un reparto, quello della rivendita di pane, ad un altro soggetto. Può farlo? Non si tratta di sublocazione?

COSA DICE LA LEGGE: Anzitutto va detto che qualora il contratto di locazione ad uso commerciale non vieti espressamente la sublocazione, il conduttore del negozio potrà, in ogni caso, sublocarlo, tutto o in parte, ad altro soggetto. La legge, infatti, concede ampia libertà all’imprenditore di sviluppare la propria attività produttiva, e pertanto non è richiesto un previo consenso da parte del proprietario.

Qualora, invece, il suo contratto di locazione espressamente vieti la sublocazione, occorre cercare di comprendere se la fattispecie in esame possa rientrare o meno in questo alveo.

Ebbene, il contratto di gestione di reparto è un contratto atipico, e come tale non è possibile fornirne a priori una collocazione giuridica, a differenza, ad esempio, di quello di locazione o di quello di appalto. Pertanto, è necessario esaminare il caso specifico per poter fornire una risposta precisa.

Utile, in questo senso, è sicuramente esaminare le modalità attraverso cui si sviluppa il rapporto. Se, ad esempio, l’incasso dei corrispettivi delle vendite effettuate nell’area oggetto di contratto è effettuato direttamente dall’affidante, che si occuperà poi di girare quanto di spettanza all’affidatario, allora si potrà sicuramente ritenere che il contratto sia assimilabile ad una sorta di appalto di servizi. In tal caso apparirebbe difficile configurare una ipotesi di sublocazione.

Qualora, invece, gli incassi siano appannaggio diretto dell’affidatario, parrebbe di trovarsi in un ambito per molti versi assimilabile all’affitto di azienda o al contratto di locazione. Anche se, ancora una volta, non possono non evidenziarsi alcune criticità, prima fra tutte la mancanza di un accesso autonomo all’area oggetto di affidamento e la necessità per quest’ultima di soggiacere agli orari del negozio principale.

Il consiglio, pertanto, è quello di richiedere l’intervento di un legale per esaminare i fatti della controversia.

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Durante la locazione il proprietario non deve conservare copia delle chiavi

DOMANDA: Qualche giorno fa il proprietario dell’appartamento in cui vivo in affitto, mi ha chiesto una copia delle chiavi della serratura di ingresso, che ho fatto cambiare poco tempo fa perché avevo smarrito quelle vecchie e non mi fidavo a lasciare il precedente blocchetto. Io non vorrei farlo, anche perché francamente non è che siamo proprio in buoni rapporti.

COSA DICE LA LEGGE: Lei può legittimamente rifiutare di consegnare una copia delle chiavi al proprietario dell’immobile da lei condotto in locazione in forza di regolare contratto.

Infatti, con la stipulazione del contratto di locazione, il locatario conduttore entra, di fatto, nel pieno possesso e libero godimento del bene immobile oggetto dell’accordo, con tutto quanto ne consegue anche in termini di inviolabilità del domicilio.

In questo senso si è espressa anche la giurisprudenza, seppur con sentenze ormai piuttosto risalenti (Cass. Pen. 14 febbraio 1978 n. 109), le quali hanno ribadito che il diritto all’inviolabilità del domicilio appannaggio del conduttore prevale su quella del locatore anche qualora quest’ultimo sia in grado di dimostrare la sussistenza di ragioni – ad esempio la manutenzione dell’immobile – che asseritamente lo legittimerebbero all’accesso.

Pertanto, il suo rifiuto appare legittimo e giustificato.

Va da sé che, per le medesime ragioni, al termine del contratto di locazione, lei sarà tenuto a riconsegnare al proprietario le chiavi, tutte comprese e nessuna esclusa, di accesso al bene.

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Il locatore che accetta in anticipo la restituzione chiavi non rinuncia al preavviso

DOMANDA: Fino a qualche tempo fa abitavo in una casa in affitto. Poi ho deciso di comprare casa. Avevo un preavviso di sei mesi per lasciare l’appartamento, ma ho riconsegnato prima dei sei mesi le chiavi al proprietario, perché nel frattempo potevo già trasferirmi nella casa nuova. Il proprietario ha accettato le mie chiavi tre mesi prima della scadenza del preavviso che gli avevo dato. Ora, però, mi è arrivata una lettera in cui mi chiede i tre mesi ulteriori di preavviso. Può farlo?

COSA DICE LA LEGGE: Purtroppo per lei, la riconsegna delle chiavi al proprietario dell’immobile affittato in un momento precedente al termine del preavviso in caso di anticipata disdetta dal contratto di locazione, non costituisce, neppure implicitamente, rinuncia all’intera durata del periodo di preavviso. E ovviamente ai relativi canoni di locazione.

La giurisprudenza, in questo senso è pacifica, Il Tribunale Civile di Roma, ad esempio, con sentenza del 07 febbraio 2019 ha evidenziato che in tema di recesso, la sola circostanza che il locatore ed il conduttore, prima della fine della locazione, si siano accordati in merito alle modalità di riconsegna dell’immobile, non costituisce prova della risoluzione consensuale del contratto, e tantomeno della rinuncia del locatore all’indennità di mancato preavviso. Pertanto, la mera accettazione in restituzione delle chiavi dell’immobile locato non significa di per sé che il locatore abbia rinunciato al pagamento del corrispettivo per l’intera durata del periodo di preavviso al quale avrebbe avuto diritto per legge.

Pertanto, per le ragioni suesposte, è assai probabile che lei sia comunque tenuto a corrispondere le mensilità relative anche la periodo nel quale non ha goduto dell’immobile locatole – avendo nel frattempo restituito le chiavi – e ciò fino alla scadenza contrattuale del periodo di preavviso.

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Ritardo cronico nel pagamento di affitti e inadempimento contrattuale

DOMANDA: Ho affittato da alcuni anni un mio appartamento ad una famiglia che mi paga sempre l’affitto con cronico ritardo. Lo stesso dicasi delle spese condominiali. E’ vero che non accumulano mai più di una mensilità, ma sono stanco di dover sopportare i loro comodi, anche perché non tengono bene l’abitazione. Il contratto dice che anche il ritardo nel pagamento di una sola mensilità determina risoluzione del contratto. Posso agire in giudizio?

COSA DICE LA LEGGE: Stando alla sua descrizione, non sembrerebbe che, allo stato attuale, una azione giudiziale di risoluzione contrattuale per inadempimento del conduttore – per mancato pagamento dei canoni nei termini convenuti – abbia ragionevoli probabilità di accoglimento.

Infatti, l’art. 1455 del Codice Civile stabilisce espressamente che il contratto non può essere risolto se l’inadempimento di una delle parti ha scarsa importanza, avuto riguardo all’interesse dell’altra. E nel caso di specie, nonostante il contratto di locazione stabilisca un termine preciso per il pagamento del canone mensile, la circostanza che lei, in qualità di locatore, abbia fino ad oggi tollerato i pagamenti in ritardo, costituisce evidente sintomo di uno scarso interesse, da parte sua, in ordine al rispetto puntuale delle scadenze di corresponsione delle pigioni.

Sul punto è intervenuta anche la Corte di Cassazione Civile (Sent. n. 2507/1979), rappresentando che l’abituale tolleranza del locatore nel ricevere con ritardo il canone, rende inoperante la clausola risolutiva espressa: essa non esclude peraltro la pretesa di ottenere il ripristino della rigorosa osservanza degli obblighi contrattuali, ma tale pretesa può spiegare effetti solo per l’avvenire e non può essere addotta per trarre conseguenze giuridiche sfavorevoli al conduttore per le prestazioni già scadute.

In buona sostanza, per la Suprema Corte, occorre anzitutto comunicare al conduttore che non si intendono più tollerare ritardi nel pagamento dei canoni, al fine di far cessare l’implicita accondiscendenza all’inadempimento.

Solo qualora il comportamento perduri anche successivamente alla diffida in tal senso, si potrà valutare, sempre con l’aiuto di un legale, la migliore azione giudiziale da intraprendere.

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Il contratto concluso da un solo comproprietario obbliga anche gli altri

DOMANDA: Alcune settimane ho formulato per iscritto una proposta di locazione commerciale ai tre comproprietari di un negozio che mi interessa. Mi ha risposto uno di loro firmando per accettazione la mia proposta. Ieri mi ha contattato un altro dei comproprietari dicendomi che non me lo affittano più perché hanno trovato da vendere l’immobile. Possono farlo?

COSA DICE LA LEGGE: Dalla descrizione dei fatti, parrebbe che lei abbia diritto ad agire nei confronti dei comproprietari dell’immobile al fine di ottenere l’adempimento dell’obbligo di concludere il contratto di locazione.

Con una sentenza emessa a Sezioni Unite dalla Corte di Cassazione nel 2012 (la n. 11136/2012), infatti, la giurisprudenza ha chiarito che, in casi analoghi a quello proposto, vige la presunzione per cui il singolo comproprietario agisca sempre al fine di favorire l’arricchimento del patrimonio di tutti gli altri comproprietari, e quindi anche nel loro specifico interesse.

D’altra parte, l’altro contraente – in questo caso lei – non può certamente essere tenuto a conoscere le dinamiche interne ed i rapporti intercorrenti tra i singoli comproprietari, e conseguentemente la manifestazione di assenso alla conclusione del contratto da parte di uno solo dei locatori sarà sufficiente, non necessitando plurime sottoscrizioni.

La prima conseguenza è che eventuali divergenze circa l’amministrazione del bene in comproprietà potranno, semmai, trovare soluzione unicamente nel rapporto interno tra i singoli comproprietari, ma la circostanza non potrà certamente investire i diritti del conduttore.

Ma v’è di più. Proprio in quanto non firmatari del contratto di locazione, gli altri comproprietari non potranno neppure far valere nei confronti del conduttore eventuali diritti contrattuali, rimanendo quest’ultima facoltà appannaggio esclusivo del solo locatore firmatario.

Pertanto, si potrà, come anticipato, agire per ottenere l’adempimento del contratto ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 2932 del Codice Civile, e in questo senso si consiglia di rivolgersi ad un legale per approntare la migliore e più efficace azione giudiziale.

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Locazione commerciale e danni da mancato guadagno

DOMANDA: Sono proprietario di un negozio che tempo fa ho affittato ad un artigiano. Siccome non mi pagava, l’ho sfrattato, e adesso ho trovato un nuovo inquilino con il quale però, dato il periodo, ho concordato un canone di affitto più basso. Se fosse rimasto il precedente conduttore avrei guadagnato di più. Posso chiedere dei danni a quest’ultimo?

COSA DICE LA LEGGE: Sulla scorta del più recente orientamento della Corte di Cassazione Civile (Sentenza n. 8482/2020 del 05 maggio 2020) lei può richiedere all’ex conduttore del suo immobile un risarcimento danni pari ai canoni di locazione che sarebbero maturati dal momento del rilascio, da parte di quest’ultimo, del negozio e fino a quella che sarebbe stata la naturale scadenza del contratto di locazione, detratto quanto ricevuto, sempre nel medesimo lasso di tempo, dal nuovo conduttore in forza del secondo contratto.

E’ innegabile, infatti, che il primo contratto di locazione si sia risolto a causa della morosità dell’artigiano di cui alla sua domanda. Una responsabilità, quindi, ascrivibile integralmente ad una sola delle parti. Che pertanto sarà tenuta a risarcire la parte adempiente – in questo caso lei – sia del danno emergente (ovvero i canoni non pagati allorquando questi ancora occupava l’immobile) che il lucro cessante, pari a quanto lei si sarebbe atteso di guadagnare in forza del contratto di locazione, qualora questo fosse giunto alla sua naturale conclusione.

Tutto quanto sopra in forza delle previsioni di cui all’art. 1453 del Codice Civile, il quale stabilisce che nei contratti a prestazioni corrispettive la parte adempiente può chiedere a quella inadempiente il risarcimento del danno subito. Nonché dell’art. 1223 del Codice Civile, il quale chiarisce che il risarcimento del danno deve comprendere sia la perdita subito dal creditore che il mancato guadagno, a condizione solo che quest’ultimo sia conseguenza immediata e diretta del comportamento del danneggiante.

Ovviamente è necessario, che lei dimostri comunque di essersi immediatamente adoperato per trovare un nuovo conduttore, così limitando, in ossequio ai principi stabiliti dall’art. 1227 del Codice Civile, l’ammontare del danno da lei patito.

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Lo sfratto per morosità e il termine di grazia

DOMANDA: Ho ricevuto la notifica di uno sfratto per morosità. Purtroppo sono disoccupato, e non sono riuscito a rimanere in pari con gli affitti. Però è anche vero che una parte la pago in nero. Io vorrei continuare a rimanere dove abito, ma il padrone di casa non mi concede una rateizzazione in attesa che trovi un nuovo lavoro. Cosa posso fare?

COSA DICE LA LEGGE: Quello che lei può fare è recarsi in Tribunale nel giorno di udienza indicato nell’atto di citazione e chiedere al Giudice che le conceda il cosiddetto “Termine di grazia”, espressamente previsto dall’art. 55 della Legge n. 392/1978.

Il termine di grazia consiste nella concessione al conduttore dell’immobile di un lasso di tempo utile per saldare il debito accumulato nei confronti del locatore.

Sono doverose, tuttavia, alcune precisazioni: anzitutto il termine di grazia può essere concesso solo in presenza di sfratti per morosità relativi ad immobili ad uso abitativo. Rimangono esclusi, quindi, quelli commerciali.

Inoltre, è necessario che conduttore nell’ultimo quadriennio non abbia già goduto in più di due occasioni di altrettanti termini di grazia nei confronti del medesimo proprietario dell’immobile.

Il termine di grazia non può essere superiore a 90 giorni, a meno che il conduttore non provi in udienza che le difficoltà finanziarie siano maturate in conseguenza di precarie condizioni economiche, insorte dopo la stipulazione del contratto di locazione, e siano dipese da sopravvenuta disoccupazione, malattie o gravi e comprovate condizioni di difficoltà. In tal caso può arrivare fino a 120 giorni, e può essere concesso anche se nell’ultimo quadriennio sia stato già ottenuto per non più di tre volte.

Qualora il conduttore moroso, entro il termine di grazia così ottenuto, saldi l’intero ammontare di tutti i canoni scaduti e non pagati, gli interessi legali maturati e le spese legali sostenute dal locatore per l’avvio della procedura giudiziale di sfratto, questi potrà continuare a dimorare nell’abitazione presa in affitto.

A tal fine, il Giudice, allorquando concede il termine di grazia fissa anche una udienza, in data successiva, per la verifica dell’adempimento delle obbligazioni di pagamento gravanti sul conduttore. Qualora, infatti, quest’ultimo non sia riuscito a saldare il dovuto, verrà giocoforza convalidato lo sfratto.

Attenzione: se si chiede il termine di grazia non si potrà anche, parimenti, contestare il diritto del locatore a ricevere le somme, come precisate, nel loro ammontare, in occasione dell’udienza di sfratto. Delle due l’una, quindi: o si chiede la dilazione, oppure si contesta l’ammontare del debito e/o il diritto ad agire per la liberazione dell’immobile. In tale ultimo caso si apre un vero e proprio processo, nel quale, tuttavia, il giudice si riserverà immediatamente se, nel frattempo, concedere o meno lo sfratto richiesto dal proprietario dell’immobile. E ovviamente non si potrà più godere della concessione di un termine per sanare la morosità.

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La restituzione dell’affitto pagato in nero

DOMANDA: Sono uno studente universitario e mi sono laureato lo scorso gennaio. Vivevo fuori sede in un piccolo monolocale. Non avevo contratti scritti con il proprietario e pagavo un affitto mensile in nero di 400 euro. Oltre ad averglieli pagati sempre regolarmente, ora mi chiede degli altri soldi perché dice che deve far ritinteggiare i muri e fare un po’ di manutenzione. Mi sono arrabbiato e vorrei sapere se posso fare qualcosa per ottenere il rispetto dei miei diritti.

COSA DICE LA LEGGE: Lei può chiedere il rimborso di tutti i canoni di locazione mensili da lei pagati in nero, promuovendo la relativa azione entro il termine di sei mesi dalla cessazione del rapporto locatizio.

Lo stabilisce espressamente l’art. 79 della legge n. 392/1978, il quale sancisce espressamente la nullità di qualunque accordo contrario alla legge – e il contratto di locazione privo della forma scritta e non regolarmente registrato presso l’Agenzia delle Entrate lo è – volto ad attribuire al locatore ingiusti vantaggi, quali una durata legale del contratto inferiore a quelle previste per legge, oppure, giustappunto, un canone di locazione maggiore di quello dichiarato. Quest’ultimo è l’esempio che si verifica allorquando sia redatto e sottoscritto un regolare contratto di locazione, per giunta registrato presso i competenti uffici, ma le parti si accordino, a latere, per un surplus mensile in nero.

Va detto, tuttavia, che la vera difficoltà, in questi casi, è costituita dalla prova dell’avvenuto pagamento in nero, che spetta in via esclusiva al conduttore dell’immobile. E non è mai semplice, poiché quasi sempre il proprietario dell’immobile si guarda bene dal rilasciare ricevute. In alcuni casi i Tribunali hanno ammesso la prova per testimoni della dazione di denaro, ma si deve comunque trattare di una prova analitica, puntuale, estremamente circostanziata e precisa.

Prima di avviare ogni azione, quindi, andrebbero anzitutto esaminate con l’ausilio di un avvocato le prove che la parte ha a disposizione.

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Risarcimento dei danni all’immobile dato in locazione

DOMANDA: Ho affittato un appartamento di mia proprietà a un inquilino che non mi ha pagato l’affitto. Non l’ho sfrattato perché per fortuna ad un certo punto mi ha restituito le chiavi. Voleva però indietro la caparra, e io gli ho detto di no, perché l’immobile è gravemente danneggiato, e il deposito non basta a coprire sia gli affitti non pagati che la riparazione dei danni. Il conduttore ha detto che mi farà causa. Ha possibilità di vincere?

COSA DICE LA LEGGE: Purtroppo, senza una domanda giudiziale da parte sua di attribuzione del deposito cauzionale a titolo di risarcimento per gli inadempimenti contrattuali del conduttore (mancato pagamento di canoni di locazione, danni all’immobile, ecc…), lei non può trattenere le somme pagate a suo tempo dal locatario a garanzia del rispetto degli impegni assunti contrattualmente.

La giurisprudenza, infatti, è unanime nel sostenere che senza una pronuncia giudiziale che autorizzi il proprietario dell’immobile ad incamerare il deposito cauzionale, previa prova del danno subito, non è possibile per quest’ultimo – in questo caso lei – effettuare autonomamente una quantificazione dei danni operando la relativa compensazione con le somme pagate dal conduttore in occasione della stipulazione del contratto.

E’ vero anche, tuttavia, che qualora lei dovesse subire una causa da parte del suo ex inquilino, potrà costituirsi in giudizio formulando una domanda riconvenzionale – ovvero formulando lei stesso, a sua volta, una espressa domanda al Giudice – di riconoscimento dei danni subiti per esclusiva responsabilità del conduttore, e contestuale autorizzazione ad incamerare il deposito cauzionale, oltre all’eventuale condanna anche per le maggiori somme.

Peraltro, la Corte di Cassazione Civile (Ord. N. 6596 del 07/03/2019) ha ritenuto che oltre al mancato pagamento di canoni e costi di ripristino dell’immobile – con esclusione solo della normale usura derivante dall’utilizzo del bene – lei potrà richiedere anche ulteriori canoni di locazione per tutto il periodo che si è reso, o si renderà, necessario per effettuare le riparazioni del bene. E questo anche senza necessità di provare di aver perduto occasioni di nuova locazione.

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