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Tags Archives: separazione

4 anni ago Diritto di famiglia

Assegno di mantenimento dei figli a carico dei nonni

DOMANDA: Sono divorziata da mio marito, che non si è mai interessato di mio figlio disabile e non ha mai pagato nulla per il mantenimento. Ora è emigrato all’estero e non so nemmeno dove si trovi. Io lavoro tutto il giorno e non ho parenti stretti, e la condizione di mio figlio non mi permette di farmi bastare lo stipendio mensile. Posso chiedere un aiuto ai nonni paterni, che però finora hanno sempre rifiutato?

COSA DICE LA LEGGE: Stando alla descrizione da lei effettuata, pare che la risposta sia affermativa, e che si possa agire in giudizio per ottenere una pronuncia che obblighi i nonni paterni a corrisponderle un assegno di mantenimento mensile.

Parrebbero, infatti, sussistere tutta una serie di elementi che confermano la fondatezza della sua pretesa, ovvero: A) Il padre non ha mai corrisposto alcunché a titolo di mantenimento; B) Risulta difficoltoso, se non praticamente impossibile, agire nei confronti del padre, che pare essersi dato alla macchia; C) E’ innegabile che lei si sia adoperata per recuperare un reddito, in quanto lavora tutto il giorno; D) Le condizioni di suo figlio, che reca una disabilità, rendono insufficiente il reddito mensile del nucleo familiare composto da lei e suo figlio; E) Non vi sono altri parenti in grado di contribuire al mantenimento.

Non sussistono, quindi, apparenti motivi ostativi all’applicazione dell’art. 433 del Codice Civile, il quale indica quali siano i soggetti obbligati a prestare gli alimenti a coloro a cui sono legati da vincolo di parentela, secondo un preciso ordine normativamente stabilito.

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4 anni ago Diritto di famiglia

Abbandono del tetto coniugale

DOMANDA: Mio marito se n’è andato di casa dall’oggi al domani, senza una vera motivazione, e soprattutto senza che in precedenza ci fossero state avvisaglie. Semplicemente, un giorno non è più tornato a casa. Ci sentiamo, anche perché abbiamo dei figli, ma volevo capire se questo abbandono del tetto coniugale mi da dei diritti. Perché ho sentito delle amiche dirmi che l’abbandono del tetto coniugale non esiste più.

COSA DICE LA LEGGE: Il caso da lei prospettato configura un vero e proprio abbandono del tetto coniugale da parte di suo marito, in quanto non è stato preceduto da una previa condizione di intollerabilità della vita coniugale. Che se, invece, ci fosse stata, si sarebbe trattato di circostanza giustificativa del comportamento assunto da quest’ultimo.

In buona sostanza, come da ultimo riaffermato dalla Corte di Cassazione Civile con l’ordinanza n. 12241/20 depositata il 23 giugno 2020, l’abbandono della casa familiare continua a rappresentare, di per sé, violazione di un preciso obbligo matrimoniale, quello della convivenza. E neppure l’esistenza di una relazione extraconiugale determina il venir meno di codesto dovere. Di conseguenza, l’allontanamento del tetto coniugale è sempre motivo di addebito della separazione.

Gli unici casi in cui il comportamento in questione può, in linea di principio, ritenersi giustificato sono due. In primo luogo la dimostrazione, a carico di colui che ha lasciato l’abitazione, che la scelta è stata dettata da comportamento dell’altro coniuge.

In secondo luogo, come già ribadito, la circostanza che l’abbandono si sia verificato in un momento in cui l’intollerabilità della vita matrimoniale si era già ampiamente manifestata.

Pertanto, in caso di separazione e riconoscimento giudiziale dell’addebito a carico di suo marito, questi sarà anzitutto condannato al pagamento delle spese processuali, nonché, qualora mai ne avesse potenziale diritto, perderà qualunque diritto di credito di natura alimentare nei suoi confronti.

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4 anni ago Diritto di famiglia

Pensione di reversibilità tra vecchio e nuovo coniuge

DOMANDA: Sono stata sposata per venticinque anni con il mio ex marito, che poi si è rispostato con un’altra donna. Dopo dieci anni dal nuovo matrimonio è deceduto. Aveva una pensione piuttosto cospicua. La reversibilità spetta alla nuova moglie o a me?

COSA DICE LA LEGGE: La risposta più corretta è che probabilmente spetta ad entrambe, seppur in misura differente.

La quarta sezione, in materia di lavoro, della Corte di Cassazione Civile, con l’ordinanza n. 8263 del 28 aprile 2020, infatti, ha stabilito che il trattamento di reversibilità deve essere ripartito tra i coniugi, se più d’uno, avendo a mente proprio la finalità solidaristica dell’istituto stesso della reversibilità. In questo senso, il criterio principale da seguire nel frazionamento è quello costituito dalla durata dei rispettivi matrimoni. Vi sono poi ulteriori elementi, cosiddetti correttivi, quali la durata della convivenza prematrimoniale, le condizioni economiche e l’entità dell’eventuale assegno divorzile ricevuto dall’ex coniuge.

Un aspetto particolarmente interessante della pronuncia succitata è dettato dal fatto che la Suprema Corte ha considerato, in favore dell’ultimo coniuge, il periodo di convivenza di quest’ultimo con il defunto, prima della celebrazione del matrimonio, e quantunque fosse iniziato allorquando la persona deceduta, seppur separata legalmente, risultava ancora coniugata con la precedente moglie.

In questo senso, quindi, occorre effettuare valutare precise valutazioni sulla scorta non unicamente del dato cronologico della durata dei rispettivi matrimoni, ma anche di circostanze ulteriori quali la convivenza more uxorio.

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4 anni ago Diritto di famiglia

Infedeltà coniugale e obbligo di mantenimento

DOMANDA: Sono sposato da vent’anni con mia moglie. Negli ultimi anni, però, la normale vita matrimoniale è venuta meno, pur continuando a vivere sotto lo stesso tetto. Lei ora sembrerebbe aver trovato un altro uomo, con cui ha iniziato una nuova relazione. Può essere l’occasione utile per chiedere la separazione ed evitare di pagare un mantenimento, poiché, a conti fatti, lei mi sta tradendo?

COSA DICE LA LEGGE: Purtroppo, dalla descrizione dei fatti, parrebbe che lei non possa domandare l’addebito della separazione e conseguentemente evitare di dover pagare un assegno di mantenimento a sua moglie, sempre che, ovviamente, sussistano i presupposti economici che lo giustificano.

Infatti, da una parte è sicuramente vero che in tema di separazione giudiziale dei coniugi si presume che l’inosservanza del dovere di fedeltà, per la sua gravità, determini l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza, giustificando così, di per sé, l’addebito al coniuge responsabile.

D’altra parte, però, se il coniuge adultero riesce a dimostrare che la relazione extraconiugale non è stata la causa della crisi familiare, essendo questa già irrimediabilmente in atto, sicché la convivenza coniugale era ormai meramente formale, potrà scongiurare la pronuncia di addebito da parte del Tribunale adito (Corte di Appello di Cagliari, Sent. 869/2018).

In buona sostanza, affinché si possa parlare di addebitabilità della separazione, occorre che il tradimento sia causa, e non conseguenza, della crisi familiare, e non sembra questo il caso da lei proposto.

Vale la pena ricordare, da ultimo, che l’addebitabilità della separazione, che si verifica allorquando si riesce a dimostrare che la rottura del rapporto coniugale è stata cagionata da uno solo dei coniugi, determina in capo alla parte ritenuta responsabile la condanna al pagamento delle spese legali di causa, nonché la perdita di diritto all’assegno di mantenimento e dei diritti successori.

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4 anni ago Diritto di famiglia

Abbandono della casa coniugale e addebito della separazione

DOMANDA: Sono sposata da alcuni anni dopo un lungo fidanzamento. Purtroppo le cose tra me e mio marito non vanno più bene e i litigi sono all’ordine del giorno. La situazione è insostenibile e vorrei andarmene di casa, ma ho paura a dirglielo perché temo la sua reazione. Se me ne andassi da un giorno all’altro senza preavviso, cosa rischierei?

COSA DICE LA LEGGE: Se effettivamente la serenità familiare è definitivamente perduta e si è in presenza di una situazione di elevato conflitto all’interno delle mura domestiche, eventualmente comprovabile, lei non rischia nulla abbandonando repentinamente e senza preavviso la casa coniugale.

Quello che, infatti, la giurisprudenza ha ormai da tempo recepito è che vi sono situazioni nelle quali la convivenza forzata tra coniugi fino alla pronuncia di separazione da parte del Tribunale può essere non solo sconsigliabile, ma financo dannosa. Sfociando, in alcuni casi, in gravi episodi di violenza, morale e fisica.

Conseguentemente, nel corso degli anni, al fine di evitare spiacevoli e pericolose situazioni, ha trovato sempre maggiore cittadinanza la possibilità per il coniuge di terminare anzitempo la convivenza domestica.

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 648 del 15 gennaio 2020, è nuovamente tornata sul punto, stabilendo da una parte che il volontario abbandono del domicilio familiare da parte di uno dei coniugi, costituendo violazione del dovere di convivenza, è di per sé sufficiente a giustificare l’addebito della separazione personale. Ma chiarendo anche che l’assunto non vale nell’ipotesi in cui risulti provato che l’allontanamento è stato determinato dal comportamento dell’altro coniuge, o comunque sia intervenuto in un momento in cui la prosecuzione della convivenza era già divenuta intollerabile ed in conseguenza di tale fatto.

Per inciso, l’addebito a cui fa riferimento la Suprema Corte è una pronuncia accessoria che il Tribunale formula allorquando decide in via definitiva e con sentenza una causa di separazione tra coniugi, dichiarando, se richiesto da una delle parti, chi, tra marito e moglie, abbia determinato la crisi coniugale. In tale caso, il soggetto a cui viene addebitata la separazione subisce ripercussioni sul piano economico, non potendo godere di assegno di mantenimento per sé, e dovendo anche farsi carico delle spese legali di causa.

Non pare, questo, tuttavia, il caso da Lei prospettato, anche se, beninteso, appare opportuno un esame specifico da parte di un legale.

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Marito intesta immobile a moglie e ma poi si separano

DOMANDA: Mi sono recentemente separato da mia moglie. Eravamo in separazione dei beni. Alcuni anni fa con dei soldi ricevuti dai miei genitori ho acquistato un appartamento al mare che però ho intestato a mia moglie per questioni di reddito. Avevamo l’accordo verbale che me lo avrebbe restituito se le cose fossero andate male tra noi e glielo avessi chiesto indietro. Ma ora mi contesta la cosa e sostiene di averlo ricevuto in donazione da me. Cosa posso fare?

COSA DICE LA LEGGE: Lei può ottenere in giudizio il riconoscimento delle sue pretese, se riuscirà a provare l’esistenza tra di voi di un cosiddetto patto fiduciario, il quale prevedeva che sua moglie, a semplice sua richiesta, fosse tenuta a restituirle il bene immobile intestatole.

Se è vero, infatti, che i contratti aventi ad oggetto beni immobili devono avere la forma scritta ad sustantiam, ovvero a pena di nullità come stabilito dall’art. 1350 del Codice Civile – si pensi al contratto preliminare di compravendita, oppure al rogito notarile –, recentemente la Corte di Cassazione Civile, con una pronuncia peraltro a Sezioni Unite (la n. 6459/2020), ha fissato alcuni interessanti principi in materia di patto fiduciario. Ovvero di quell’accordo che si basa, giustappunto, sulla reciproca fiducia.

In particolare, la Corte ha chiarito che l’accordo concluso verbalmente tra le parti in forza del quale insorga da parte del fiduciario – in questo caso sua moglie – l’obbligo di procedere al successivo trasferimento al fiduciante – ovvero lei – è meritevole di tutela giuridica anche quando il diritto acquistato dal fiduciario per conto del fiduciante abbia natura immobiliare, ovvero l’appartamento di cui al suo quesito.

D’altra parte, proprio il legame affettivo e familiare tra le parti giustifica l’assenza di un documento scritto, essendo il patto fondato proprio sulla lealtà e fiducia reciproca. La giurisprudenza, peraltro, va anche oltre sostenendo che il patto in questione potrebbe anche non essere contestuale al rogito di acquisto dell’immobile, ma successivo.

Non si nega, tuttavia, che l’onere della prova rimane in capo al fiduciante, e proprio la mancanza di una forma scritta potrebbe costituire, all’atto pratico, un problema non indifferente. Proprio per questa ragione si ritiene che sia comunque necessario avvalersi in prima battuta del parere di un legale.

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4 anni ago Diritto di famiglia

Quando scatta l’obbligo di mantenimento per i figli

DOMANDA: Mio marito se né andato via di casa da quasi un anno e sta temporeggiando continuamente nel deposito del ricorso per la separazione inventando mille scuse. Nel frattempo non mi sta dando quasi nulla per il mantenimento di nostro figlio di otto anni, che è rimasto con me. Solo negli ultimi due mesi mi ha dato qualcosa. Può farlo?

COSA DICE LA LEGGE: Suo marito è obbligato a contribuire al mantenimento di vostro figlio minore – ma vale il medesimo discorso anche qualora fosse stato maggiorenne ma non economicamente autosufficiente – a far data dal giorno in cui è cessata tra di voi la coabitazione. In pratica, da quando se ne è andato via di casa.

Con una recente ordinanza (la n. 8816/2020 depositata il 12 maggio 2020) la Corte di Cassazione Civile ha infatti chiarito espressamente che l’obbligo di mantenimento, previsto dall’art. 148 del Codice Civile, è conseguenza diretta ed immediata del solo fatto di essere genitore, ed assume, pertanto, decorrenza dalla nascita del figlio. Pertanto, nel caso di successiva cessazione della convivenza fra i genitori, l’obbligo di contribuzione al mantenimento da parte del genitore non collocatario – ovvero di quello dei due che non continua a vivere abitualmente con il figlio – decorre non già dal deposito del ricorso per separazione, ma bensì dal giorno dell’effettivo venir meno della convivenza.

Qualora il genitore non collocatario venga meno al suddetto obbligo, si potrà, pertanto, agire in giudizio al fine di vedere tutelati i propri diritti, e sulle modalità pratiche si rimanda al consiglio di un legale che potrà esaminare lo specifico caso.

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4 anni ago Diritto di famiglia

Coronavirus e visite dei genitori separati e divorziati ai figli

DOMANDA: Sono divorziato da mia mia moglie. Mia figlia minore vive con la madre e io ho diritto di vederla e tenerla a fine settimana alterni perché è stato previsto dal giudice. Ora le misure di contenimento del contagio da coronavirus hanno limitato gli spostamenti. La mia ex dice che non posso più venire a prendere mia figlia. E’ vero?

COSA DICE LA LEGGE: Siccome il suo diritto di vedere e tenere con sé sua figlia è stato sancito dall’autorità giudiziaria in sede di divorzio, lei può proseguire tranquillamente i contatti con la minore anche in costanza di misure di contenimento della diffusione del contagio da Coronavirus.

Lo ha chiarito il Governo direttamente sul proprio sito istituzionale, evidenziando che gli spostamenti per raggiungere i figli minorenni presso l’altro genitore o comunque presso l’affidatario, oppure per condurli presso di sé, sono consentiti in ogni caso, secondo le modalità previste dal giudice con i provvedimenti di separazione e divorzio.

L’assunto è stato fatto proprio, tra l’altro, anche dal Presidente della Regione Campania con propria ordinanza n. 15 del 13 maggio 2020, ritenendo siffatti diritti quali condizioni di necessità – che legittimano spostamenti temporanei ed individuali – in quanto correlate ad esigenze primarie delle persone.

Peraltro, al più recente modulo di autocertificazione degli spostamenti è stata aggiunta, tra le varie opzioni per le quali è consentito l’allontanamento temporaneo dalla propria abitazione, proprio gli “obblighi di affidamento di minori”.

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7 anni ago Diritto di famiglia

Come evitare di pagare per sempre il mantenimento al coniuge

DOMANDA: Sono separato da mia moglie. Stiamo discutendo del divorzio. Attualmente pago un assegno di mantenimento mensile per lei di 400 euro. (altro…)

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