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Risultati per: diritto di ripensamento

Illecito sfruttamento di fotografia altrui

DOMANDA: Sono un fotografo professionista e mi è capitato, in occasione di un concerto pubblico al quale ero regolarmente accreditato per conto di una testata giornalistica musicale, di scattare alcune foto ad un noto cantante (altro…)

Pagare il capitale prima della notifica del decreto ingiuntivo

DOMANDA: Un avvocato mi ha scritto tempo fa per una fattura che non avevo pagato. Ho fatto un bonifico la settimana scorsa, ma oggi mi hanno notificato un decreto ingiuntivo nel quale mi si dice che devo pagare parecchi soldi anche per le spese legali. Come mi devo comportare?

COSA DICE LA LEGGE: Quello da lei proposto è un argomento molto dibattuto in giurisprudenza. La risposta al suo quesito dipende molto dalle date di deposito del ricorso per decreto ingiuntivo e della conseguente pronuncia del Giudice.

Si deve considerare, infatti, che tra il deposito della richiesta di emissione di decreto ingiuntivo – presso il Giudice di Pace o il Tribunale a seconda del valore del credito – e l’emissione dell’ingiunzione di pagamento che deve poi essere notificata al debitore, passa del tempo. Da qualche giorno ad alcune settimane.

Quanto sopra premesso, il principio giuridico sancito dalla Corte di Cassazione è quello secondo cui il pagamento del capitale – nel suo caso della fattura cui fa riferimento nella sua domanda – estingue il diritto stesso del creditore di agire con decreto ingiuntivo nei confronti del proprio debitore. L’assunto è di tutta evidenza, in particolare, se il pagamento è pervenuto al creditore prima del deposito stesso del ricorso presso la competente autorità giudiziaria.

Non molto diverso sembra essere, sempre per la Corte di Cassazione Civile, il caso in cui il pagamento sia avvenuto dopo il deposito del ricorso per decreto ingiuntivo, ma prima dell’emissione dell’ingiunzione di pagamento. Anche in questo caso si ritiene che venga meno il diritto del richiedente di notificare l’ingiunzione di pagamento (Cass. Civ. Sent. 9033/2010).

Il debitore, può, quindi, sentirsi al sicuro da altre pretese economiche? Non proprio. Infatti, seppur venuto meno il diritto ad agire con decreto ingiuntivo, il creditore potrà, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 1224 del Codice Civile, agire con una causa ordinaria per ottenere il riconoscimento di interessi sul capitale, spese legali sostenute per il recupero del credito, e più in generale il risarcimento di ogni danno patito a causa del mancato saldo tempestivo delle somme dovute dal debitore.

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Asse ereditario tra diritti degli eredi e riservatezza dei dati personali

DOMANDA: Mio padre è morto da alcuni mesi. Facendo delle ricerche ho scoperto che aveva stipulato una polizza vita, di cui però non conosco il beneficiario. Ho tuttavia il sospetto che si tratti di una persona a cui già ha lasciato per testamento tutta la quota disponibile dei suoi beni. La compagnia assicurativa di dice che non può darmi questa informazione, che per me è importante per capire se i miei diritti di erede legittimo sono stati violati.

COSA DICE LA LEGGE: La compagnia assicurativa è tenuta a fornirle il nominativo da lei richiesto. Infatti, tra il diritto alla riservatezza dei dati personali che l’assicurazione le oppone, e il diritto di difesa a lei garantito nell’ambito di una complessiva azione di riduzione dell’eredità, prevale sicuramente quest’ultimo. Lo ha stabilito recentemente il Tribunale Civile di Treviso con provvedimento pubblicato lo scorso 27 febbraio 2020 nel procedimento di volontaria giurisdizione n. 6841/2019.

Si tratta, in particolare, di un diritto espressamente sancito dall’art. 6, paragrafo 1, lettera f, del Regolamento UE 2016/679.

L’azione di riduzione è quel particolare procedimento giudiziale con il quale l’erede legittimo che ritenga di essere stato leso nei suoi diritti ereditari, espressamente garantiti dalla legge – in particolare nella quota di eredità ad egli spettante – può chiedere al Tribunale competente di ridistribuire equamente tra gli eredi legittimi l’intero ammontare dell’asse ereditario, ovvero dell’insieme di diritti e crediti precedentemente facenti capo al soggetto deceduto, il cosiddetto de cuius.

E nella valutazione complessiva dell’asse ereditario vanno considerate tutte le dazioni effettuate dal de cuius. E quindi, ad esempio, le donazioni ricevute dagli eredi quando questi era ancora in vita. Ma anche, sulla base delle recenti sentenze della Corte di Cassazione Civile n. 3263/2016 e n. 6531/2016, anche i premi per le polizze vita versati dall’assicurato, che la Suprema Corte ritiene a tutti gli effetti vere e proprie donazioni in favore dei futuri beneficiari, e che pertanto devono essere conteggiati nella massa ereditaria.

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La garanzia sull’usato nella vendita tra privati

DOMANDA: Ho acquistato un’automobile usata da un privato, tramite internet. A distanza di un mese dalla consegna, però, la macchina ha cominciato a dare problemi. Il meccanico mi ha fatto un preventivo di costi pari a quello che ho pagato per l’auto. Il venditore mi dice che sono vizi di cui lui non era a conoscenza e che possono essersi verificati anche dopo l’acquisto. Cosa posso fare?

COSA DICE LA LEGGE: Purtroppo le transazioni commerciali nelle quali sia compratore che venditore sono soggetti privati, e non commerciali, offrono scarsissime garanzie sul prodotto oggetto del trasferimento di proprietà.

Occorre, anzitutto applicare l’art. 1945 del Codice Civile, il quale concede al compratore il termine di otto giorni dalla scoperta del vizio per denunciare la circostanza al venditore. E occorre fare attenzione alle modalità di denuncia, perché può divenire necessario provare, poi, in corso di causa, non solo la tempestività della comunicazione, ma anche che la stessa sia giunta a conoscenza del destinatario nel suddetto termine di otto giorni.

Non basta. Occorre anche agire per tempo qualora non si addivenga ad un accordo, in quanto l’azione giudiziale è sottoposta al termine breve di un anno dalla scoperta del vizio.

Naturalmente, questo non significa che qualunque vizio possa essere denunciato, sempre nel succitato termine di otto giorni, in qualunque momento dovesse venire scoperto. Infatti, per tutti i difetti che potevano essere tranquillamente rilevati al momento dell’acquisto, il termine di otto giorni decorre dalla data di consegna del bene.

Solo per quanto riguarda i vizi occulti, ovvero quelli che non potevano essere scoperti immediatamente, il termine di otto giorni inizia a decorrere dalla scoperta. Ma attenzione: occorre, altresì, provare che si trattava di un vizio preesistente all’acquisto del bene usato, poiché diversamente i costi di ripristino rimangono in ogni caso a carico del nuovo proprietario.

Qualora si verifichino le circostanze suddette, o comunque nell’ipotesi in cui il venditore abbia in ogni caso riconosciuto la propria responsabilità, il compratore potrà, a propria scelta, chiedere una riduzione del prezzo oppure il risarcimento dei costi di ripristino/riparazione di quanto acquistato. Nell’ipotesi in cui il vizio assuma connotazioni rilevanti, o, peggio, renda inservibile il bene, si potrà invece richiedere la risoluzione del contratto e la restituzione del prezzo pagato.

Si segnala, da ultimo, che nelle compravendite tra privati, anche a distanza, come nel caso di cui alla domanda, non è possibile esercitare il diritto di ripensamento di cui abbiamo parlato qui.

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Coronavirus e visite dei genitori separati e divorziati ai figli

DOMANDA: Sono divorziato da mia mia moglie. Mia figlia minore vive con la madre e io ho diritto di vederla e tenerla a fine settimana alterni perché è stato previsto dal giudice. Ora le misure di contenimento del contagio da coronavirus hanno limitato gli spostamenti. La mia ex dice che non posso più venire a prendere mia figlia. E’ vero?

COSA DICE LA LEGGE: Siccome il suo diritto di vedere e tenere con sé sua figlia è stato sancito dall’autorità giudiziaria in sede di divorzio, lei può proseguire tranquillamente i contatti con la minore anche in costanza di misure di contenimento della diffusione del contagio da Coronavirus.

Lo ha chiarito il Governo direttamente sul proprio sito istituzionale, evidenziando che gli spostamenti per raggiungere i figli minorenni presso l’altro genitore o comunque presso l’affidatario, oppure per condurli presso di sé, sono consentiti in ogni caso, secondo le modalità previste dal giudice con i provvedimenti di separazione e divorzio.

L’assunto è stato fatto proprio, tra l’altro, anche dal Presidente della Regione Campania con propria ordinanza n. 15 del 13 maggio 2020, ritenendo siffatti diritti quali condizioni di necessità – che legittimano spostamenti temporanei ed individuali – in quanto correlate ad esigenze primarie delle persone.

Peraltro, al più recente modulo di autocertificazione degli spostamenti è stata aggiunta, tra le varie opzioni per le quali è consentito l’allontanamento temporaneo dalla propria abitazione, proprio gli “obblighi di affidamento di minori”.

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Abbandono del tetto coniugale

DOMANDA: Mio marito se n’è andato di casa dall’oggi al domani, senza una vera motivazione, e soprattutto senza che in precedenza ci fossero state avvisaglie. Semplicemente, un giorno non è più tornato a casa. Ci sentiamo, anche perché abbiamo dei figli, ma volevo capire se questo abbandono del tetto coniugale mi da dei diritti. Perché ho sentito delle amiche dirmi che l’abbandono del tetto coniugale non esiste più.

COSA DICE LA LEGGE: Il caso da lei prospettato configura un vero e proprio abbandono del tetto coniugale da parte di suo marito, in quanto non è stato preceduto da una previa condizione di intollerabilità della vita coniugale. Che se, invece, ci fosse stata, si sarebbe trattato di circostanza giustificativa del comportamento assunto da quest’ultimo.

In buona sostanza, come da ultimo riaffermato dalla Corte di Cassazione Civile con l’ordinanza n. 12241/20 depositata il 23 giugno 2020, l’abbandono della casa familiare continua a rappresentare, di per sé, violazione di un preciso obbligo matrimoniale, quello della convivenza. E neppure l’esistenza di una relazione extraconiugale determina il venir meno di codesto dovere. Di conseguenza, l’allontanamento del tetto coniugale è sempre motivo di addebito della separazione.

Gli unici casi in cui il comportamento in questione può, in linea di principio, ritenersi giustificato sono due. In primo luogo la dimostrazione, a carico di colui che ha lasciato l’abitazione, che la scelta è stata dettata da comportamento dell’altro coniuge.

In secondo luogo, come già ribadito, la circostanza che l’abbandono si sia verificato in un momento in cui l’intollerabilità della vita matrimoniale si era già ampiamente manifestata.

Pertanto, in caso di separazione e riconoscimento giudiziale dell’addebito a carico di suo marito, questi sarà anzitutto condannato al pagamento delle spese processuali, nonché, qualora mai ne avesse potenziale diritto, perderà qualunque diritto di credito di natura alimentare nei suoi confronti.

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Lo sfratto per morosità e il termine di grazia

DOMANDA: Ho ricevuto la notifica di uno sfratto per morosità. Purtroppo sono disoccupato, e non sono riuscito a rimanere in pari con gli affitti. Però è anche vero che una parte la pago in nero. Io vorrei continuare a rimanere dove abito, ma il padrone di casa non mi concede una rateizzazione in attesa che trovi un nuovo lavoro. Cosa posso fare?

COSA DICE LA LEGGE: Quello che lei può fare è recarsi in Tribunale nel giorno di udienza indicato nell’atto di citazione e chiedere al Giudice che le conceda il cosiddetto “Termine di grazia”, espressamente previsto dall’art. 55 della Legge n. 392/1978.

Il termine di grazia consiste nella concessione al conduttore dell’immobile di un lasso di tempo utile per saldare il debito accumulato nei confronti del locatore.

Sono doverose, tuttavia, alcune precisazioni: anzitutto il termine di grazia può essere concesso solo in presenza di sfratti per morosità relativi ad immobili ad uso abitativo. Rimangono esclusi, quindi, quelli commerciali.

Inoltre, è necessario che conduttore nell’ultimo quadriennio non abbia già goduto in più di due occasioni di altrettanti termini di grazia nei confronti del medesimo proprietario dell’immobile.

Il termine di grazia non può essere superiore a 90 giorni, a meno che il conduttore non provi in udienza che le difficoltà finanziarie siano maturate in conseguenza di precarie condizioni economiche, insorte dopo la stipulazione del contratto di locazione, e siano dipese da sopravvenuta disoccupazione, malattie o gravi e comprovate condizioni di difficoltà. In tal caso può arrivare fino a 120 giorni, e può essere concesso anche se nell’ultimo quadriennio sia stato già ottenuto per non più di tre volte.

Qualora il conduttore moroso, entro il termine di grazia così ottenuto, saldi l’intero ammontare di tutti i canoni scaduti e non pagati, gli interessi legali maturati e le spese legali sostenute dal locatore per l’avvio della procedura giudiziale di sfratto, questi potrà continuare a dimorare nell’abitazione presa in affitto.

A tal fine, il Giudice, allorquando concede il termine di grazia fissa anche una udienza, in data successiva, per la verifica dell’adempimento delle obbligazioni di pagamento gravanti sul conduttore. Qualora, infatti, quest’ultimo non sia riuscito a saldare il dovuto, verrà giocoforza convalidato lo sfratto.

Attenzione: se si chiede il termine di grazia non si potrà anche, parimenti, contestare il diritto del locatore a ricevere le somme, come precisate, nel loro ammontare, in occasione dell’udienza di sfratto. Delle due l’una, quindi: o si chiede la dilazione, oppure si contesta l’ammontare del debito e/o il diritto ad agire per la liberazione dell’immobile. In tale ultimo caso si apre un vero e proprio processo, nel quale, tuttavia, il giudice si riserverà immediatamente se, nel frattempo, concedere o meno lo sfratto richiesto dal proprietario dell’immobile. E ovviamente non si potrà più godere della concessione di un termine per sanare la morosità.

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Coronavirus e indennizzo per artisti

DOMANDA: Sono un musicista, e a causa dello stop forzato dovuto alle misure di contenimento da Coronavirus mi trovo a non avere più le entrate che avevo prima. E che assieme a qualche lavoro saltuario di barista mi consentivano di arrivare a fine mese. Volevo sapere se con il decreto “Cura Italia” appena uscito ho diritto a qualcosa.

COSA DICE LA LEGGE: Lei ha diritto ad un’indennità, per il mese di marzo, pari ad € 600,00, a condizione che rientri nei parametri indicati dall’art. 38 del Decreto Legge n. 18 del 17 marzo 2020, cosiddetto “Decreto Cura Italia”.

In particolare, è necessario che lei sia già regolarmente iscritto al Fondo pensioni Lavoratori (Inps ex Enpals), e che nel corso dell’anno 2019 abbia versato almeno 30 contributi giornalieri, i quali abbiano determinato un reddito non superiore ad € 50.000,00.

In buona sostanza, è necessario che lei, nel corso dell’ultimo anno, abbia emesso almeno trenta fatture a fronte di altrettante esibizioni artistiche. O personalmente, tramite la sua partita Iva, oppure mediante iscrizione ad una delle numerose cooperative che si occupano di regolarizzare gli artisti.

E’, inoltre, necessario che lei non goda già di un qualche trattamento pensionistico, ma non mi sembra il suo caso. Per usufruire dell’indennizzo occorre, altresì, che lei non sia titolare di rapporti di lavoro dipendente alla data di entrata in vigore del Decreto “CuraItalia”.

Il reticolato normativo in esame prevede anche un tetto massimo complessivo di spesa per lo Stato Italiano, pari a 40,5 milioni di euro, e va detto, quindi, che allorquando verrà esaminato il cumulo complessivo delle domande pervenute, l’importo dell’indennizzo potrebbe, almeno potenzialmente, patire alcune variazioni al ribasso. Va segnalato, da ultimo, che la somma di € 600,00 è da considerarsi a tutti gli effetti una tantum per il solo mese di marzo. Un indennizzo – e non una forma di Cassa Integrazione (Cig) – che comunque non concorrerà alla formazione del reddito annuale del soggetto beneficiario.

In buona sostanza, coloro che si sono esibiti in regola nel corso del 2019 per un numero di performance sufficiente a far ritenere che da questa attività ne derivino proventi necessari per il proprio sostentamento, potranno godere di questo beneficio. Non si può, quindi, in linea generale, che consigliare a tutti gli artisti, quantomeno per il futuro, di procedere alla propria regolarizzazione fiscale e contributiva (maggiori informazioni possono essere reperite al sito di Esibirsi Soc. Coop. all’indirizzo www.esibirsi.it).

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Assistenza legale a spese dello Stato

DOMANDA: Quando e come è possibile ottenere assistenza legale a spese dello Stato?

COSA DICE LA LEGGE: Il Patrocinio a spese dello Stato (Legge n. 134/2001, D.P.R. n. 115/2002) consente al soggetto non abbiente di richiedere l’assistenza di un avvocato a spese dello Stato, a condizione che le sue pretese risultino non manifestamente infondate. (altro…)

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